Fonte originale: Dire Agenzia di Stampa Nazionale
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ROMA – Recuperare la storia dell’Africa e il suo ruolo civilizzatore nel mondo, perché dalla consapevolezza della propria identità, nascono progetti, idee, approfondimenti culturali ma anche esperienze imprenditoriali. E’ questo l’obiettivo dell’African Summer School Italia, un’iniziativa lanciata da Redani – la Rete della diaspora africana nera in Italia – che a Roma, presso la sede dell’Università popolare ‘Upter’, ha celebrato la chiusura della sesta edizione con un incontro ricco di interventi e contributi.
Tra questi, quello di Kossi Komla-Ebri, scrittore di origine togolese, noto per i suoi contributi sulla letteratura migrante in lingua italiana, che all’agenzia ‘Dire’ ha detto: “L’Africa Summer School è un’idea geniale perché permette agli afrodiscendenti di riappropriarsi della propria identità. Qui viene offerta una narrazione diversa della loro storia e delle loro origini. Da noi si dice: ‘Se vuoi sapere dove vuoi andare, devi sapere da dove vieni’. Questa scuola raccoglie questa scommessa: raccontare la storia dell’Africa, la geopolitica, per formare una nuova generazione con una visione di sé”.
Per Komla-Ebri, “quella attuale finora è stata assente, e possiede un immaginario distorto, basato su quella dell’africano – veicolata dal cinema – che resta buono buono in un angolo, oppure che balla, che fa il servitore o è una stella dello sport”. Gli studenti che escono dall’African Summer School invece, ha sottolineato lo scrittore, “cercano di riscoprire scientificamente le loro origini, per poterle raccontare al mondo”.
Un progetto che guarda anche all’attualità: “Razzismo, discriminazione, paura. Sono questi i messaggi che ci arrivano da una certa propaganda in Italia” ha osservato Suzanne Mbiye Diku, la presidente di Redani. “Viviamo un presente dominato dalla falsificazione della realtà, con i valori sotto attacco. La nostra scuola offre ai giovani le chiavi di lettura per contrastare questi messaggi, dando loro il meglio del meglio della conoscenza”.
“I protagonisti di questa giornata erano gli ex studenti di tutte e sei le edizioni dell’African Summer School, perché crediamo che possano aiutarci a comprendere la strategia da usare per la prossima edizione del 2019” ha spiegato alla ‘Dire’ Susanna Owusu Twumwah, responsabile comunicazione e tutor studenti della scuola. Twumwah ha evidenziato che il progetto è aperto a tutti: “Giovani afrodiscendenti, stranieri di origine africana, ma anche italiani o extra-africani. L’offerta formativa consiste in corsi in aula sulla filosofia e la storia dei popoli del continente e in workshop ‘pratici’, che prevedono tra le altre cose la scrittura di progetti sociali e di business”.
LA CERIMONIA DI CHIUSURA
La cerimonia di chiusura dell’edizione 2018 ha previsto la consegna di due premi: quello per il miglior business plan, a Juliet Maingi, e quello per il miglior elabroato, a Renato Raffaele Amoroso. Quest’ultimo si è occupato di indagare il rapporto tra il pensiero antico greco e la teologia e la cosmogonia egizie: “Il mio elaborato riscopre una verità storica: quella secondo cui la filosofia greca ha alla base elementi del pensiero egizio, quindi nero e africano”. Uno studio che, ha sottolineato Amoroso, permette di affrontare anche il tema “del negazionismo storico e quindi recuperare quel ruolo civilizzatore dell’Africa verso le civiltà sia classiche, ma anche oggi, per l’intero globo”.
“Gli africani hanno subito un processo di delegittimazione in tutti i campi: storico, culturale, religioso, tecnico, musicale e così via” ha evidenziato nel corso del dibattito Simao Amista, afrobrasiliano e italiano, vincitore della V edizione della scuola e fondatore del collettivo Kemet club. “Oggi costituiscono uno dei pochi popoli che si fanno razzismo da soli, pensiamo che per molti capelli biondi e occhi azzurri rappresentano l’ideale di bellezza. Con Kemet Club intendiamo sponsorizzare le culture africane e le comunità afrodiscendenti di tutto il mondo. Nessuna storia deve essere dimenticata, mai”.